“Tutto tornava, fin qui. Restava sempre da torchiare quell’osso duro di Alvaro Jacojanni. Anche in questo caso, tuttavia, l’operatore cinematografico raccontò la solita storiella: la preziosa carta firmata di proprio pugno dal Bonaparte era spuntata dalle pagine ingiallite di un vecchio tomo acquistato così, tanto per fare, in una bancarella degli Oh bej! Oh bej!
Pensava, lo Jacojanni, di cavarsela in questo modo, invocando la sua buona fede, ma aveva fatto male i conti. Intanto lo attendeva una denuncia per aver omesso di segnalare alle autorità il secondo documento, dopo che il primo era stato riconosciuto – due anni prima – di proprietà dello Stato italiano e a questo indebitamente sottratto in circostanze che appunto si cercava di chiarire. E poi… ecco, poi lo attendeva una bella perquisizione, affidata al solerte maresciallo Gottardi della stazione dei carabinieri di Baggio su richiesta del vicequestore Feliciangeli del Commissariato Castello.
Sì, perché la storia non poteva essere finita lì: dov’erano gli altri tre preziosi documenti che ancora mancavano all’appello, oltre ai due già recuperati? Si cercavano ancora due lettere di Napoleone al presidente del Senato italiano del 18 dicembre 1809 e del 30 aprile 1811 e una copia della promulgazione del Codice napoleonico, in italiano e in francese, sottoscritta con firma autografa di Napoleone il 16 gennaio 1806. Continua a leggere