Formazione

Tutte le strade portano a Roma

Agli archivi si arriva in tanti modi. Quando frequentavo la Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Milano nel biennio 2001-2003 rivolgevamo spesso la domanda ai docenti: meglio una formazione umanistica o una formazione giuridica? Meglio se vengo da lettere o da giurisprudenza? Mai conosciuta la risposta.

Io ho un percorso anomalo. Provengo da lettere classiche e da un iter formativo a dir poco tortuoso, fatto di mezze vie e sentieri imboccati – talora senza troppa convinzione – dopo la laurea, quando ancora si cerca una collocazione nel mondo.

Geografia del mondo antico la disciplina di laurea, amatissima. Una tesi a tutto tondo su Claudio Tolomeo, amatissimo a sua volta, quello del sistema cosiddetto geocentrico, astronomo, astrologo, geografo fra i più grandi dell’antichità, di certo quello che ha avuto maggiore influenza. Lo studio dell’arabo classico per la tesi, per consentirmi di maneggiare almeno gli elenchi sterminati di opere spurie tolemaiche della tradizione araba. Papiri e codici medievali a go-go. Un impianto storico e soprattutto filologico della mente.

Dopo la laurea la borsa di studio all’Istituto Croce a Napoli, quello la cui dizione completa è Istituto italiano per gli studi storici, fondato dal grande storico e filosofo e a cui devo i tre anni più formativi della mia vita. Senz’altro i più felici. Anche se mi occupavo ancora di Tolomeo e della tradizione araba delle sue opere, anche se facevo la spola tra l’Istituto Orientale, la Biblioteca Nazionale e il Croce per la mia ricerca e i seminari interdisciplinari, so che le basi sono state gettate lì, a Napoli, al Croce. La storia, innanzitutto. Non solo quella che piaceva a me, ma tutta, e non solo le materie a cui ero abituata per il mio corso di laurea, ma tutte. Perché fra i miei compagni, che provenivano da ogni parte d’Italia e d’Europa, c’era chi si occupava di Marsilio Ficino e di storia della medicina, chi si dedicava a un minore della poesia bucolica, chi avrebbe dato un braccio per dare un contributo significativo agli studi su Hegel, su Marx, su Croce. O lavorava alacremente su un secentesco pittore napoletano. O cercava di mettere a fuoco la storia della comunità ebraica a Pisa nel medioevo.

Tutto questo apre la mente. Anche se lì per lì non te ne accorgi o minimizzi il contributo. Ero impegnata a godermi la splendida vita napoletana. La ricerca andava avanti, ma era la ricerca sulle fonti biografiche di Claudio Tolomeo. Chi pensava agli archivi?

E’ il metodo che conta

E’ stato al mio ritorno da Napoli che mi sono posta la domanda: “che faccio?”, “che cosa posso fare per continuare a studiare, ma per potermi comunque mantenere, avere una vita lavorativa?”. Non si può essere studenti a vita. Io lo ero già stata un sacco d’anni.

Mi sono iscritta alla Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Milano. Ricordo il disappunto quando mi sono resa conto che i miei due esami di paleografia greca, sudatissimi, lì non contavano nulla. Ma contava quello che mi avevano insegnato gli anni universitari e il Croce, fondato proprio per dare la possibilità a giovani studiosi di formarsi nella ricerca storica.

Farsi domande. Cercare risposte. Accogliere i dubbi. Sollecitarli. Mettere in discussione tutto. Trovare i fili, le connessioni fra le cose. Pensare, leggere e rileggere. Avere curiosità per tutto. Non aver paura di sbagliare. Credere in una comunità di persone che dalle tue incertezze, dai tuoi errori, dai tuoi dubbi, ma anche dai tuoi progressi e dalle tue scoperte, saprà trarre spunto per altre ricerche, per altri dubbi, per altri progressi.

Non mi sono mai sentita fuori posto alla Scuola di archivistica. Anche dopo, nel lavoro, la mia formazione anomala – senza studi di storia medievale, moderna o contemporanea, senza storia delle istituzioni – non mi ha penalizzato. Come mi hanno insegnato al Croce, è il metodo che conta.

(Ermis)

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