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Lo so che non è stagione, ma non importa. Ogni tanto mi rilasso guardando foto che mi portino col pensiero alle vacanze che non riesco mai a fare. Questa coi bimbi al mare, per esempio, una delle prime che ho scelto per me al mercatino dei Navigli, tanto tempo fa. Completamente anonima, un po’ sbrindellata per i maneggi e l’incuria del venditore eppure così bella. Primi anni del Novecento.

I bambini in foto sono sempre meravigliosi, come del resto dal vero. Posseggono ed esibiscono quella naturalezza che manca agli adulti. Se sono imbronciati, impauriti o semplicemente felici e divertiti, lo mostrano senza schermi, senza pudori, senza reticenze. In questa foto è così: tutti in posa per lo scatto, che si indovina lunghissimo – e infatti la bimba in primo piano a sinistra si muove -, tutti con la loro espressione vera dipinta sul volto. Chi scocciato, chi distratto, chi incuriosito.

Mi chiedo se sia una colonia marina o qualcosa di simile, ma forse dovrebbero essere vestiti tutti uguali. Forse la giovane in ultima fila è un’istitutrice, forse solo una sorella maggiore. I bimbi sono di età diverse, dal ragazzetto grandicello al pupetto in seconda fila, di forse pochi mesi.

Mi piace osservarli: tutti vestiti in spiaggia, con la casacchina o la maglietta, a parte i due cioccolatini in prima fila che indossano le braghette a righine con le bretelle. Sono piccoli, si può capire. Le bambine hanno le trecce annodate attorno al capo, o i fiocchetti ai capelli o il cerchietto, tutte acconciature che ho fatto in tempo a portare anch’io. Vabbé. Dalla casacchina abbinata e dalla somiglianza indovino qualche parentela: le due sorelline con la vestaglietta a righe, altre due coi fiocchetti e la camiciola con la passamaneria.

In realtà ciò che mi ha colpito la prima volta è stata la bambola, la piccola bambola tutta vestita che – appoggiata sulla sabbia a destra in prima fila – prolunga in qualche modo la fotografia e le dà un senso: la foto è l’interruzione dei giochi, un momento in cui i bambini accondiscendono ai desideri dei grandi e si mettono in posa. Osservo che solo una – la più grandicella al centro – sorride consapevolmente: è già una donnina. Gli altri aspettano il momento di riprendere il gioco. Non sono tristi, forse solo un po’ seccati da quello che i grandi chiamerebbero un contrattempo.

Il velo di tristezza nei bambini lo vedo in altre fotografie: quelle che ritraggono gli orfani, vestiti tutti uguali, quelli nei collegi, sempre in posa, “massificati”, come se non avessero un’identità propria. Questi no, mi piace pensare che siano – a modo loro – bambini felici. (Ermis)