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A proposito di sale d’archivio. Questa è della splendida abbazia benedettina distrutta dai bombardamenti alleati nell’ultima guerra. La cartolina è del 1932. Armadi di legno a tutta parete, quadri, puttini seduti sull’ultimo ripiano degli scaffali. Poi il materiale, bello allineato, parte a vista, e la scaletta per raggiungere gli ultimi tomi, quelli più su. Voglio sperare che la scaletta corra su una guida, che non sia a rischio di sfracellamento, come quelle a pioli di mio nonno capomastro, tutte rattoppi e pioli mancanti. Non saprei. E’ una cartolina comune; alcune della serie raffigurano i padri archivisti intenti a leggere i codici preziosi. Questa no, mostra solo gli arredi com’erano nella vecchia concezione, quando l’archivio era l’arca del sapere: mobili scuri, austeri, importanti, un solo tavolo, un paio di sedie, tutta l’attenzione focalizzata lì, sui documenti. C’è un grande affastellamento di volumi e carte sul tavolo, creato ad arte per il fotografo che deve ritrarre qualcosa di non immediata comprensione.

Gli archivi concepiti come una statua di Canova da ritrarre così, ad uso e consumo delle masse, sono un’aberrazione e una bizzarria. Eppure ci si prova sempre. Giro la cartolina e mi scappa un sorriso. Di solito le cartoline celebrative degli archivi sono usate dai direttori degli stessi per saluti di ordinaria amministrazione a tizio e a caio: colleghi, conoscenti di una certa levatura, cose così. Ne ho presenti e ne posseggo qualcuna dell’Archivio di Stato di Milano. Questa no. Questa manda gli auguri di buon anno da parte di tali Ignazio e Antonio ai Fratelli Vitagliano di Torre Annunziata.

archivio_montecassino_versoApperò. La osservo meglio. E mi viene in mente Brecht, che fra me e me parafraso così: beato il paese che non ha bisogno di indirizzi! Perché dei fratelli in questione non si conosce la via. Solo Torre Annunziata, la località. Dev’essere un negozio o un esercizio commerciale, vai a sapere. Oppure Ignazio e Antonio sono parenti del mio corrispondente di penna all’epoca del liceo, che dalla penisola di Malacca, Malesia, mi scriveva lettere-origami indirizzandole al mio solo nome di battesimo, a un moncone di via senza numero e alla città di cento e rotti mila abitanti.

Mi piace però vedere il giro curioso che fanno gli archivi. E provo a immaginare che cosa possano aver pensato i Fratelli Vitagliano nel ricevere la cartolina dell’Archivio cassinese. Forse nulla, forse non l’hanno neanche guardata, forse… chissà. Ma sono domande sciocche con cui mi trastullo ogni tanto.    (Ermis)