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voto_cartolina_rectoUn gran cappello coi fiori, un viso serio, con quel movimento della testa colto dallo scatto che rende tutto un po’ nebuloso, la signora brandisce un giornale e lo mostra a un tipo brillante con paglietta. “Signore, avranno mai il voto le donne?”. La risposta – “Aspetta e vedrai!” declinata al voi di cortesia – ha quel tanto di ambiguo che non consente di capire bene. Però intriga e lascia tutto in sospeso. Per comprendere le intenzioni racchiuse nelle parole scritte, lo sguardo si sofferma sull’espressione dei volti, sugli ammiccamenti del giovanotto, su quel dito puntato sotto il naso della suffragetta.

Non che il tema mi appassioni. Ma fa parte del mio bagaglio cultural-lavorativo, essendomi occupata per lungo tempo di archivi delle donne. La deliziosa cartolina che può essere datata al 1910 circa, visto che – pur viaggiata – è stata  appena lambita dal timbro postale – è il frutto di una mia mania: amo ricordare i miei lavori da archivista con qualcosa che acquisto sul web o pesco nei bazar milanesi e che sia attinente all’incarico svolto.

Sul tema del voto alle donne, o sul tema generico delle donne, avevo l’imbarazzo della scelta. Si trova di tutto e io stessa ho già un po’ di cose. Ma questa cartolina è la mia prima scelta: oltre all’immagine, ha il valore aggiunto di ciò che si trova scritto dietro e che è unico e impagabile. Mi capita spesso di riflettere sul concetto di storia e su come la storia viene trattata e narrata. Io non riesco più a leggerla dai libri e dai saggi, quelli scritti dagli storici di professione. Avendo scoperto la storia nei documenti della quotidianità minuta – fatta di letterine di innamorati, cartoline di gitanti, fatture d’epoca, quaderni di scuola di bimbi delle elementari – di questa mi nutro e questa privilegio. Il resto comincia a interessarmi poco, davvero poco, quasi nulla.

L’avrò guardata centinaia di volte, la cartolina: è appesa sopra il letto in compagnia di altre foto e cartoline sul solito muro tutto buchi. Non mi riesce di decifrarla, però. Lui sorridente, lei un po’ arcigna, lui vestito chiaro a righine, lei severa, austera, elegante, più alta di lui. La cartolina è tutto fuor che rara: è schedata diverse volte in fondi che si occupano di archivi delle donne sul web e in particolare di suffragismo. Curiosamente, pur viaggiata nella maggior parte dei casi, non risulta quasi mai datata.

voto_cartolina_versoLa mia ha il sovrappiù della storia minuta, che occhieggia dal verso in poche righe. E’ spedita da un tale di stanza a Rugeley, Stafforshire, a un amico che vive nelle West Midlands, Netherton, Dudley. Due uomini, certo.

Quello che invia i saluti accompagnati dal suo nuovo indirizzo è un tipo arguto: “Am having a fine time, here”. “Wish you were here with me” scrive nel suo inglese colloquiale. Me la sto passando bene. Vorrei che tu fossi qui con me. E poi: “Girls like that on the other side are very scarce here”. Ragazze come quelle sull’altro lato della cartolina ce ne sono poche qui. Mi piace pensare che un “fortunatamente” sia sottinteso, che dica all’amico: tranquillo, puoi ancora divertirti in questo posto, le donne sono ancora donne.

Il tono è cameratesco, divertito. E’ il tono del pensare comune di una persona comune. Niente a che vedere con sondaggi, opinioni, pensieri di donne e uomini impegnati, come ricordo dagli archivi in cui ho messo mano. Probabilmente la cartolina riflette quello che pensava la maggior parte della gente – donne comprese – di quelle mezze pazze che andavano a rivendicare il diritto al voto. Un diritto che cozzava letteralmente contro il ruolo delle donne nella società come era inteso fino ad allora.

Poi, a parte le elucubrazioni con cui mi diverto, mi piace leggere la cartolina per quello che è: il saluto di un amico ad un altro, il desiderio di rivedersi, l’invito implicito “se fossi qui, potremmo ancora andare a caccia di pollastre!”. La storia in fondo può essere letta in tanti modi. (Ermis)